La ventiduesima storia della nostra raccolta la dedichiamo ad Annalisa Paglialunga, una giovane ragazza vegliese che porta avanti un progetto imprenditoriale che nel nostro territorio è raro ormai da trovare: la Slow Fashion.
Presentati ai nostri lettori:
Mi chiamo Anna Lisa Paglialunga, nome e cognome composto: firma lunghissima che da qualche tempo si cimenta a fare la stilista, modellista, sarta, benché nella vita mi occupi a tempo pieno di tutt’altro. Nata e cresciuta a Veglie fino al 2007, anno in cui prendo le valigie e decido di continuare a studiare fuori, vivo e risiedo a Milano.
A chi mi chiede di dove sei? Rispondo della provincia di Lecce ma risiedo a Milano perché sento di appartenere al paese- dove torno spesso volentieri perché qui vive la mia famiglia e qui sento le radici – ma anche alla grande città in un rapporto altalenante tra l’amore e la sopportazione.
Come nasce l’idea di inFili?
L’idea di inFili nasce da una domanda cruda che ho fatto a me stessa un giorno. Pensando a dove ero arrivata oggi e a come c’ero arrivata: anni di studio tra università, master e non contenta ho fatto anche il dottorato di ricerca – un percorso lungo e faticoso che mi ha portato oggi a ricoprire un ruolo di prestigio come esperta di finanza sostenibile presso uno dei maggiori istituti di credito del nostro Paese – alla fine mi sono detta: “Anna Lisa, praticamente tu con le tue mani che cosa sai fare?”. Mi son risposta “so fare le torte! Con la pizza invece sono una frana, so fare le pulizie in casa (perché ovviamente vivendo da sola impari in fretta), ho qualche rudimento di ricamo e lavoro all’uncinetto”. Da questa risposta che ho dato sinceramente a me stessa è nata l’esigenza di investire il mio tempo libero – per quanto ne abbia veramente poco – in qualcosa che avesse un risvolto pratico e ho iniziato a occuparmi di Sartoria.
La sartoria non è stata una scelta casuale; mia mamma cuciva, non era una sarta professionista, cuciva fondamentalmente per le esigenze familiari, quindi mi ritrovavo spesso da bambina a condividere con lei il tavolo di casa. Io in un angolo facevo i compiti e lei dall’altro tagliava, oppure, imbastiva. quindi un po’ ho assimilato, per quanto ovviamente da bambina non mi fregasse nulla del cucito. Sin da piccola poi ho avuto la passione per la moda.
Ho iniziato a frequentare una scuola: ho ripreso un’altra volta a studiare. E man mano che studiavo, man mano che riuscivo effettivamente a trasformare quella che in principio era solo un’idea in un cartamodello prima e in un capo confezionato dopo, ho pensato di fondare un mio marchio che rispecchiasse il mio modo di vedere e vivere la moda. Da qui nasce Infili conscious wear un brand che si pone rigorosamente alcuni dettami. Propongo capi che sono frutto del mio modo di pensare alla donna e voglio promuovere il concetto di vestire consapevolmente. Nella sartoria è stato già tutto inventato, è stato già tutto creato, la differenza potrebbe farla un’intuizione, un “prodotto” che va oltre il semplice capo e racconta una storia, trasmette valori.
Il tema della Fast Fashion è ormai sotto gli occhi di tutti, è un problema di dimensioni enormi da qualunque aspetto lo si guardi: dal problema dei rifiuti tessili al problema delle condizioni di lavoro di chi produce indumenti che compriamo a cifre ridicole. Infili conscious wear si pone in antitesi a questo modello di consumo selvaggio della moda. Come? Avendo l’ambizione di comunicare un messaggio secondo cui tutti – nessuno escluso – dovremmo imparare a vestire consapevolmente. Cosa significa? Innanzitutto imparare a gestire la voglia di acquisti selvaggi e inconsapevoli che ci portano a far scoppiare i nostri guardaroba e a dire, nonostante tutto, “non ho niente da mettere!”. Vestire consapevolmente significa quindi comprare soltanto – o soprattutto- abiti che sono stati prodotti nel rispetto dell’ambiente, nel rispetto del lavoro ma anche fare in modo che questi abiti durino nel tempo e superino il concetto di “non è più alla moda”. Per molti di noi si tratta di mettere in pratica gli insegnamenti dei propri nonni che sicuramente obbligati da ristrettezze economiche ma soprattutto animati di buon senso e rispetto per le cose materiali hanno conservato per anni i loro vestiti migliori, se ne sono presi cura e hanno optato per tessuti di qualità che potessero durare nel tempo. Si tratta di replicare nel mondo della moda quel modello di consumo consapevole che se sta prendendo piede nel mondo dell’alimentazione. Oggi al supermercato prima di ripiempire il nostro carrello guardiamo le etichette, ci preoccupiamo della lista degli ingredienti e scartiamo sempre più spesso quell’alimento che contiene zuccheri, sale o additivi. Allo stesso modo dovremmo preoccuparci di guardare l’etichetta dei vestiti e chiederci, al di là della composizione dei tessuti, che cosa c’è dietro questo capo?
Che tipo di materiali utilizzi?
Nel mio caso propongo abiti realizzati con tessuti naturali, quindi tessuti che vengono da fibre per la maggior parte di tipo vegetale; non mancano le creazioni che utilizzano fibre animali come la lana ma in quel caso mi preoccupo che sia naturale, non abbia una componente sintetica e non utilizzi coloranti dubbi. Ho anche sperimentato con fibre “nuove” impiegando tessuti che vengono, per esempio dalle alghe, dalla cellulosa dell’eucalipto o in generale tessuti ottenuti da coltivazioni sostenibili e certificate.
Utilizzo anche tessuti rigenerati, cioè tessuti ottenuti da fibre che sono già stati tessuti e abiti in una vita precedente oppure tessuti biodegradabili. In sintesi tessuti ottenuti nel rispetto dell’ambiente, ma anche secondo standard di qualità e nel rispetto del lavoro.
La sostenibilità dei capi di Infili, però, non è solo una sostenibilità di tipo ambientale ma è una sostenibilità a 360°. Propongo capi sartoriali e come tali “su misura”. Questo significa che realizzo un capo solo nel momento in cui lo stesso mi viene commissionato. Così posso utilizzare la quantità realmente necessaria di tessuto e posso azzerare le scorte di magazzino e minimizzare i rifiuti tessili. Tutto questo è fatto secondo i tempi che sono propri del lavoro artigianale ben lontani dai timing del pronto moda. Quando una persona decide di acquistare un capo Infili, ne sposa anche la filosofia perché è consapevole del fatto che si sta affidando alla Slow Fashion, sa che c’è da aspettare quel tanto che basta perché la mia e la sua creazione sia curata in ogni dettaglio.
A quale target punta il marchio inFili?
Sicuramente, se vogliamo parlare di genere punta ad un pubblico femminile. Ma a parte una connotazione di genere, InFili parla alla ventenne così come alla settantenne a chiunque si ritrova nei valori di InFili, quindi, nella consapevolezza e nella gentilezza verso il nostro pianeta Terra, che in fondo è gentilezza verso sé stesse. Dovessi ulteriormente tratteggiare la donna Infili è una donna elegante dove l’eleganza è un fattore di portamento. Una donna – secondo InFili– è elegante quando è a proprio agio, quando si ama, quando si vede bella, indipendentemente dal fatto che indossi una t-shirt piuttosto che un abito da sera. L’eleganza di una donna che non è schiava del trend del momento, sceglie di avere nel proprio armadio capi che sa che potrebbero durare una vita perché se ne prenda la giusta cura. E una donna elegante non può che trasmettere questi valori a chi la circonda per cui InFili alla fine attraverso le sue creazioni si rivolge a tutti, senza distinzione che tenga.
Ti appoggi a qualche azienda esterna?
Sì e tengo a fare una menzione speciale perché non è un’azienda ma è una scuola, la scuola dove ho studiato e che ha fatto da incubatore alle mie idee. Mi riferisco alla Eli Fashion School di Erba diretta da Elisabetta Camassa. É grazie alla scuola e alla mia insegnante che il progetto Infili ha preso forma e tuttora trae forza e stimoli sempre nuovi.
Da dove nasce il logo e il nome del tuo brand.
Infili è seconda persona singolare del verbo infilare. Ci si infila un maglione, ci si infila una maglietta, ci si infila la giacca, è il nome di un marchio che vuole rappresentare l’idea di prossimità con le persone, le stesse persone che sposano la filosofia del brand. Quando infili qualcosa, te la metti addosso, quindi per me infilare un capo infili vuol dire aderire ai valori che questo brand sponsorizza.
Conscious Wear. Termine scelto in inglese perché parlo a tutte le donne, senza limitazioni geografiche. Quindi vuole essere anche un modo per includere un target più ampio.
Parliamo del packaging
Ovviamente, spedendo in tutta Italia non posso che affidarmi ai corrieri espresso. Ma cerco di utilizzare comunque degli imballaggi che riducano al minimo l’impatto ambientale. Come lo faccio? Utilizzo carta/cartone riciclato, per la decorazione mi affido a materiale di recupero. Per proteggere il capo lo avvolgo nella carta velina, come si faceva un tempo per proteggere i vestiti e infine non utilizzo le etichette sintetiche. Mi affido invece alla tecnologia. All’interno dei pacchi di Infili, c’è un QR Code che una volta scansionato dà la possibilità di vedere tutte le specifiche del capo, e le istruzioni su come prendersene cura. Inoltre, per ogni persona c’è una sorpresa, che non spoilero: è un piccolo presente (non mi piace utilizzare il termine gadget).
Comunicazione e social. Qual è il rapporto tra Infili e i media?
Annalisa è stilista, modellista, sarta ma anche social media manager. Curo in prima persona tutta la parte di comunicazione. Infili Conscius Wear ha un canale di comunicazione social ed è su Instagram. Questo è il canale attraverso cui Infili apre le porte del proprio laboratorio al mondo è virtuale ma è popolato di persone in carne e ossa.
Come propongo nel dettaglio i miei prodotti? chi è interessato può iscriversi alla newsletter di Infili: tutte le volte che lancio una nuova collezione la mia community riceve una mail, così è possibile accedere in anteprima al catalogo. Il catalogo è totalmente digitale (- sempre per minimizzare l’utilizzo di risorse scarse -) e descrive le creazioni della collezione, i tessuti utilizzati, le personalizzazioni possibili e piccoli suggerimenti su come abbinare i capi tra loro e creare outfit sempre diversi. È possibile consultare sempre il catalogo nella biografia del profilo Instagram e dal momento che le creazioni di Infili sono senza tempo e versatili è possibile acquistare un capo Infili sempre, anche quando la “stagione” è passata
Le creazioni di Infili sono raccolte in piccole collezioni le cosiddette Capsule Collection, cioè collezioni incentrate su un numero limitatissimo di capi, che hanno la caratteristica di essere combinabili tra di loro, per cui chi sceglie di acquistare una camicia avrà la certezza che starà bene anche con la gonna di quella stessa collezione e delle collezioni precedenti e successive. Basta avere un po’ di creatività e affidarsi ai miei consigli.
Cosa consiglieresti a chi si vuole approcciare al lavoro di sartoria e sul tema ambientale.
Innanzitutto mi rivolgo a tutti, donne, uomini e indecisi o indecise. Perché poi i capi che realizzo sono rivolti alle donne, però effettivamente vestire consapevolmente è un messaggio che arriva a chiunque, uomini e donne insieme.
Ora, veniamo alla risposta. Essere di moda, essere alla moda, sembra diventato ormai l’obiettivo che più o meno consapevolmente tutti si pongono giorno per giorno. Sembra l’obiettivo della nostra vita. Essere alla moda è uguale a essere conformisti, aderire a un modello di consumo dominante, a un determinato stile di vita, a canoni estetici uguali per tutti … io mi chiedo “quanto ci amiamo quando facciamo questo?” credo solo che ci illudiamo di prenderci cura di noi, non stiamo scegliendo per noi, manca la consapevolezza.
La donna che sceglie i capi Infili è una donna che ama l’ambiente e che ama sé stessa, perché per me, amare sé stessi è sinonimo di amare l’ambiente. Se ami te stessa, significa che ti rispetti come donna, come uomo e ovviamente come essere umano, ma anche come mamma, come lavoratrice, come cittadino. Se ti ami per come sei con le tue forme, col tuo naso a palla, con i tuoi capelli ricci, allora ti ami veramente e ti prendi cura di tutto ciò che ti circonda, di ciò mangi e indossi.
intervista a cura di Giorgio Cappello
Foto di inFili Consciouswear