Posted on: Luglio 24, 2022 Posted by: marco Comments: 0

Come ben sappiamo il sud Italia sta vivendo un periodo di “calo residenziale” non indifferente, infatti, sempre più persone decidono di andare a vivere fuori.
Continua il viaggio di ViviVeglie alla scoperta di tutti quei giovani che hanno deciso di lasciare la nostra cittadina per andare a vivere altrove. Chi al nord chi all’estero, sono sempre di più i nostri compaesani a spostarsi e a non voler tornare.
“Chissà in futuro” – dice il trentunenne Giovanni Miccoli medico neurochirurgo e ricercatore dell’Università di Homburg (Germania), anche lui rigorosamente vegliese.

Altro mese altra storia, buona lettura su viviveglie.it
 

Abbiamo chiesto a Giovanni una piccola presentazione per aiutarci a scrivere la prefazione dell’articolo. Leggendola ci siamo accorti che è fatta così bene che la prefazione se l’è scritta da solo. È un grande!
Bene, mi chiamo Giovanni Miccoli, ho 31 anni e provengo, come molti voi lettori, da Veglie. Ho frequentato lì quella che viene definita l’istruzione dell’obbligo, per cui scuole materna (G. Rodari), elementare (A. Moro) e media inferiore (I. Negro). Ho frequentato quindi il liceo ginnasio statale “G.Palmieri” di Lecce. Mi sono laureato presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Perugia (dove ho vissuto per ben 4 anni, due nella città di Terni altra sede della Facoltà). Mi sono successivamente Specializzato in Neurochirurgia (lo scorso novembre) presso l’Università Federico II di Napoli (qui ho vissuto per ben tre anni). Ben 18 dei 60 mesi di Specializzazione possono essere trascorsi in un centro a proprio piacimento, esterno alla propria rete di Formazione (io ho trascorso ben 9 mesi a Bologna presso la Neurochirurgia degli Ospedali Bellaria e Maggiore e i successivi 9 immediatamente precedenti alla conclusione del mio percorso di Studi in Germania). Attualmente lavoro come Medico Neurochirurgo Ricercatore presso la Neurochirurgia del Policlinico universitario di Homburg appartenente alla Facoltà di Medicina dell’Università del Saarland.

Cosa ti ha spinto a lasciare la tua terra?
Da medico specializzando, proprio come si fa per il percorso di studi pre- (Erasmus) e post Lauream (Job Placement) si è autorizzati a svolgere parte della propria formazione in Ospedali non appartenenti alla propria rete di formazione (nel mio caso quella campana). La metà di questo periodo ho scelto di trascorrerlo all’estero (in un centro europeo). Non avevo idea che la mia scelta sarebbe stata la Germania, in primis per la difficoltà della barriera linguistica. Diciamo che il mio attuale punto di arrivo è stato frutto del “caso”. Avrei originariamente dovuto trascorrere i suddetti 9 mesi a Siviglia, città il cui centro ospedaliero avevo già contattato e la cui Neurochirurgia aveva accettato di ospitarmi per il periodo di formazione. Sfortunatamente (o forse no) l’arrivo dell’ancora attuale pandemia mondiale ha fatto si che il mio accordo con il centro spagnolo saltasse. All’epoca mi trovavo presso la Neurochirurgia pediatrica dell’ospedale pediatrico “Pausillipon Santobono” di Napoli (permettetemi di sottolineare: eccellenza italiana ed europea nel campo) il cui primario mi ha consigliato di trascorrere parte della formazione nel centro neurochirurgico dove attualmente mi trovo. In fin dei conti la meta per me non era poi così importante. Da sempre desideravo fare un’esperienza lavorativa in Europa, ed ora me ne si presentava l’occasione, per mettermi in gioco e capire come i nostri colleghi a distanza di Km svolgano quotidianamente la nostra stessa attività. È stato dopo che ho maturato l’idea di rimanere a lavorare nello stesso centro.

Consigli utili sulla vita lontano da casa. Com’è vivere da soli?
Domanda difficile. Non saprei, vivo lontano da casa da quando avevo 18 anni, anche se in realtà diciamo che da studenti universitari si è una sorta di appendice economicamente NON indipendente (almeno così è stato nel mio caso) della propria famiglia di origine, che intanto ringrazio per avermi regalato una formazione così preziosa. Ad ogni modo già quella era una prima esperienza e possibilità di crescita. Come si cucina? Come si condivide lo spazio in casa con gente che non si conosce? Come ci si occupa dell’economia domestica (e soprattutto come si stira una camicia?). Tutto questo inizia a far parte della tua vita e senza accorgersene si impara a prendersi cura di sé stessi, assumere responsabilità e crescere. Malgrado le difficoltà iniziali poi si impara ad amare la possibilità di vivere da soli, almeno personalmente parlando. Il periodo di studi all’università è quello che più di tutti ricordo con nostalgia per le amicizie fatte, che ancora durano e che hanno contribuito a fare di me ciò che oggi sono, i bei momenti trascorsi e via.

Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono intraprendere un percorso di vita all’estero?
Semplicemente di farlo. Niente contribuisce meglio alla propria crescita personale, intesa non semplicemente in campo lavorativo o culturale, che misurarsi con realtà diverse che mettono in discussione quello che per noi è il “normale”, insomma uscire dalla propria “safe zone”. Soprattutto non pensare sia mai tardi per farlo.

Sistemi a confronto. Diventare chirurgo: Italia vs Germania. Detta così sembra il titolo di un libro o di un esame, in realtà ti chiediamo di descrivere brevemente quali sono le differenze (positive e negative) del “sistema Italia” e di quello tedesco.
La formazione universitaria italiana non ha nulla da invidiare a quella tedesca e, almeno parlando per il campo della Medicina, nemmeno a quella di altri paesi europei. I medici italiani sono ricercatissimi perché forti e non poco sul piano teorico. Basti pensare che dei 36 (almeno ai tempi del mio corso di Laurea) esami necessari a laurearsi quasi nessuno si svolge come prova scritta (la classica risposta multipla a crocette) che invece molte blasonate università persino americane propongono come oggettivo metodo di valutazione. Prove che se aiutati dalla fortuna si superano grosso modo sempre. Le valutazioni orali richiedono invece, si sa, una maggiore preparazione. Detto questo, va tuttavia sottolineato che il lato universitario dedicato alla formazione medica specialistica, ovvero il periodo in cui si inizia a lavorare da medici specializzandi, pecca nella possibilità di dare spazio al giovane medico in senso pratico. Chi sceglie di diventare chirurgo in Italia può, nella maggior parte dei casi, dover aspettare anni prima di poter eseguire un proprio intervento. La sfortuna è che tutto questo tempo, in un corso di studi di specializzazione di 5 anni, non lo si ha. Per cui ci si potrebbe ritrovare con in mano un titolo che tuttavia non si può o non si è in grado di esercitare.

Ti manca Veglie? Se sì cosa ti manca?
Come già detto non è mai stato un peso per me vivere da solo e lontano da casa. Ho sempre apprezzato l’idea di poter essere indipendente. Fin dai tempi dell’università. All’epoca non avrei mai pensato di sentire la nostalgia di casa e addirittura pensare di potervi tornare. Tuttavia, si cresce e ci si accorge che sia il tuo nucleo familiare che tu siate abituati a dare per scontato la tua assenza a bei momenti di riunione come Pasque e Natali, così come non poter vivere gli ultimi giorni dei tuoi nonni, che magari da bambino ti hanno anche proprio cresciuto. Con questo bisogna fare i conti…

Alle stesse condizioni economiche torneresti a qui?
Come già anticipato, col passare degli anni, la nostalgia della propria terra di origine e della famiglia si fa sempre più viva. A questa domanda rispondo con rammarico con un “no”, a dire il vero, anche non secco e definitivo. Con l’idea di poter tornare in Puglia e magari lavorare in centro vicino, come quello di Lecce, che a breve dovrebbe addirittura aprire il tanto atteso polo universitario di Medicina, non nascondo di aver fatto i conti. La possibilità, tuttavia, di crescere in un centro più grande dove casistica e progetti di ricerca sono maggiori ha in questo momento per me la priorità. Il dinamismo, tra l’altro, tipico del mondo lavorativo tedesco, in cui difficilmente, come invece accade in Italia, si riceve un posto a tempo indeterminato, è una spinta in più a mantenersi competitivi ed in allenamento. Tuttavia, chissà, forse in futuro…

Sappiamo che stai lavorando a un progetto scientifico molto importante. Possiamo chiederti qualche indiscrezione?
Il mio contratto di lavoro viene finanziato dalla DFG, acronimo che tradotto in italiano sta per società tedesca dedicata alla ricerca. Nello specifico l’Università del Saarland presso cui lavoro e quella della Turingia partecipano attivamente ad un progetto di ricerca, finanziato dal suddetto organo, il cui scopo è la ricerca e l’ulteriore sviluppo della robotica in campo neurochirurgico. Il campo è quello della stereotassi, tecnica neurochirurgica che mira al trattamento e/o diagnosi di una patologia con estrema precisione allo scopo di ridurre gli effetti collaterali della procedura su un organo delicato ed estremamente complesso come il cervello. Allo stato attuale, tali tecniche vengono svolte con sistemi di navigazione (esattamente come quelli di un’automobile) che, attraverso precise coordinate, guidano il movimento da eseguire manualmente o meccanicamente, tuttavia solo in maniera rettilinea. Ciò rende impossibile talora l’esecuzione di traiettorie che potrebbero altrimenti ledere centri cerebrali importanti. L’alternativa consiste attualmente nell’obbligato ricorso a tecniche chirurgiche massive e correlate a maggiori rischi intra- e postoperatori. Lo scopo è quindi quello di rendere possibili traiettorie curvilinee per il raggiungimento di “target” al momento irraggiungibili con la stereotassi. Chiaramente tutto questo viene supportato da ingegneri e matematici: la parte medica dell’équipe ha il ruolo di giudicare cosa o no sia fattibile ed applicabile in ambito chirurgico.