Posted on: Luglio 18, 2021 Posted by: marco Comments: 0

Un altro salto nel passato vi aspetta, questa volta parleremo di uno strumento costruito settanta anni fa e che è servito a realizzare la “tota” (in italiano dote, ndr) di molte delle nostre lettrici vegliesi. La cosa che colpisce di più in questa storia e che quello strumento è ancora funzionante al cento per cento, tant’è che viene utilizzato ancora oggi dalla signora Carmela. Ecco a voi la storia ti lu talaru ti nonna Uccia, buona lettura.

“Dalla tradizione tramandata deriva l’eredità. E mia madre mi ha lasciato un grande regalo. Ciò che creo nasce dalle mie mani e si sviluppa con esse.” Carmela Mele Stefanizzi

Il telaio a quattro licci della signora Uccia Rizzello (meglio conosciuta come Uccia Bruscia) fu costruito negli anni ’50 ed è servito a realizzare la dote di tantissime ragazze vegliesi a partire dagli anni ’60. Per chi non lo sapesse, stiamo parlando di uno strumento antico utilizzato per lavorare le stoffe.

Carmela Mele Stefanizzi, figlia di Uccia, custodisce gelosamente quel telaio e ancora oggi lo usa per realizzare tessuti i quali vengono impiegati successivamente per la creazione di tappeti, centri tavola e tovaglie. L’idea di scendere in cantina e rimontare il telaio l’ha avuta dopo una visita presso la Fondazione “Le Costantine” di Uggiano la Chiesa.

“Un po’ alla volta ho ricominciato a usarlo per realizzare sciarpe. Ovviamente, ora i corredi non si usano più, quindi, ho pensato fosse giusto stare al passo coi tempi. L’idea di utilizzare uno strumento antico per farci qualcosa di moderno mi affascinava. Inoltre, credo sia straordinario vedere negli anni della robotica un prodotto di qualità realizzato con uno strumento vecchio di settanta anni. Non è stato facile riprenderne l’utilizzo, quindi, sono stata costretta ad andare a memoria. Oggi dopo tre anni, posso dire di riuscire a utilizzarlo in tutte le sue peculiarità.”

A questo bisogna aggiungere che la signora Carmela non butta niente, ricicla ogni singolo pezzo di stoffa (dai vecchi vestiti della sua famiglia a quelli che amici o conoscenti le portano, fino ad arrivare ai “ritagli”). “Ormai siamo abituati a buttare quello che non ci va per comprare abiti nuovi, questo non mi piace. Credo che oltre a essere uno spreco sia anche diseducativo nei confronti dei più giovani.”

Il suo sogno nel cassetto è preservare il lavoro della madre tramandandolo alle generazioni future. Sa perfettamente che questo è difficile: “In un mondo smart, un ritorno dello slow non è di certo visto di buon occhio, i giovani di oggi non hanno la stessa pazienza che avevamo noi alla loro età.”

Il telaio a quattro licci per quanto sia uno strumento antico ha un funzionamento molto complesso, i clienti apprezzano i prodotti anche se un po’ meno il prezzo, ma purtroppo la creazione dei tessuti richiede tempo ed esperienza. Ma per Carmela non contano né il tempo né i soldi, infatti, quello che per sua madre era un mestiere per lei è una passione che le serve a tornare indietro con la mente con l’anima a quegli anni, quando spensierata sedeva accanto alla madre.

Intervista a cura di Marco Palma e Giorgio Cappello