Posted on: Maggio 20, 2021 Posted by: marco Comments: 0

Continuiamo la carrellata di storie dando spazio a un’altra donna. Lidia Albano, vegliese classe 1952, laureata in matematica nel 1976 sempre presso l’Università di Lecce (quando ancora non si chiamava Università del Salento). Si è data da subito all’insegnamento, prima in provincia di Brindisi, poi in provincia di Lecce, dapprima a Leverano e subito dopo a Veglie dove è restata fino al giorno del suo pensionamento nel 2014. Docente integerrima, si è dedicata ogni giorno all’insegnamento tanto che ci tiene a precisare di essersi assentata pochissime volte, come ad esempio in occasione della gravidanza e della nascita della sua terza figlia Giulia (nel 1989), arrivata dopo Carlo e Vera, nati quando insegnava in provincia di Brindisi.

  1. Lei è stata docente e vicepreside della Scuola Media di Veglie. Ci parli della sua esperienza come insegnante, cosa l’ha spinta a intraprendere questa professione e come si è evoluta la didattica o più in generale la pedagogia durante la sua carriera?

Ho saputo da sempre che sarei stata un’insegnante, me lo aveva predetto la mia maestra della scuola elementare, la quale usava affiancare a me, come ad altre compagne, bambine con difficoltà di apprendimento. Non pensavo però che avrei insegnato matematica perché prediligevo le materie umanistiche nelle quali d’altronde riuscivo meglio; l’inizio dell’interesse per la matematica risale al liceo, con lo studio dell’algebra e della geometria, ma la scelta della facoltà di matematica fu dettata soprattutto dall’esigenza di lavorare presto, cosa che con le facoltà umanistiche era all’epoca molto difficile, e anche dal divieto di mio padre di uscire a studiare fuori se non per la facoltà di medicina, per la quale non mi sentivo portata. I miei studi universitari sono risultati molto impegnativi, ma devo dire che la matematica ha sicuramente contribuito a dare una impostazione di maggiore sicurezza al mio carattere, che mi è servita sia nell’insegnamento, sia e soprattutto nel mio lavoro come vicepreside, carica alla quale fui chiamata dal preside Espedito Miglietta nei primi anni di questo secolo.  La didattica della matematica, però, è sempre rimasta al centro del mio interesse e impegno, anche negli anni in cui sono stata vicepreside, l’ho vista evolversi molto nel corso degli anni del mio insegnamento e diventare sempre meno noiosa e più vicina all’interesse dei ragazzi, grazie a un inizio di approccio all’uso del computer, con lo studio della probabilità e della statistica e una impostazione per quanto possibile laboratoriale. Per la pedagogia, invece, non avendo io fatto studi specifici, mi sono rifatta alla mia personale esperienza nei vari ordini di scuola che ho frequentato, ma devo dire che l’esempio che ho tenuto sempre presente e mi ha aiutato più di tutti è stato quello della mia maestra della scuola elementare, e ho cercato, così come faceva lei, di stabilire empatia con ciascun alunno, mantenendo nel contempo fermezza nell’esigere compiti ben fatti, tenendo conto delle predisposizioni  e delle situazioni personali e socio-familiari di ciascuno e provando sempre a far accrescere in tutti loro la propria autostima.

  1. È fisiologico, oltre che un bene, che le generazioni siano differenti tra loro. Quante generazioni di studenti sono passate dalle sue aule, quanto erano diverse e di quale ha un ricordo migliore?

Sì, sono parecchie le generazioni di studenti che ho conosciuto, mi è capitato anche di avere in classe figli di miei studenti degli anni precedenti, ma non le ho trovate molto differenti tra loro. Al di là delle differenze dovute alle mutate condizioni economiche e sociali del paese (ricordo a tal proposito che i primi anni combattevo con i genitori perché mandassero i ragazzi a scuola fin dall’inizio dell’anno scolastico  rinunciando a impiegarli nella vendemmia), i ragazzi hanno presentato sempre le stesse caratteristiche di un misto di aggressività e fragilità, proprie della preadolescenza, e gli stessi bisogni di attenzione e di considerazione da parte degli adulti, e di regole il più possibile condivise; bisogni tutti legittimi ma non sempre facili da soddisfare sia da parte dei genitori che degli insegnanti. Quindi, posso dire che forse ho il ricordo di qualche classe migliore di altre perché si era riusciti a stabilire tra il corpo insegnante e gli alunni una più profonda empatia, ma non di una particolare generazione notevole in tal senso.

  1. Cosa pensa della DAD? Può compensare la scuola in presenza?

L’unico vantaggio che vedo nella DAD è, a mio parere quello di aver “costretto” i docenti ad avvicinarsi all’uso della tecnologia informatica, cosa nella quale i ragazzi sono molto più avanti di loro e che è quindi un notevole motivo di distanza tra alunni e docenti. Negli ultimi anni del mio insegnamento si avvertiva molto tutto questo e, nonostante i vari corsi di aggiornamento promossi dal Ministero, c’era da parte di un bel numero di docenti una resistenza in tal senso, dovuta sicuramente alla formazione che noi della mia generazione abbiamo ricevuto e che ci rende ostico l’uso di questi strumenti, ma in alcuni casi anche ad una presa di posizione quasi ideologica, di rifiuto di qualcosa che non si riesce a governare e che pone tante difficoltà e interrogativi accanto alle novità che presenta. Detto questo, è certo che questa generazione di studenti a causa della DAD pagherà, e spero non molto cara, da una parte la carenza di apprendimento di conoscenze inevitabile senza il contatto diretto con compagni e insegnante, dall’altra la prolungata mancanza di relazione con coetanei e docenti senza la quale la crescita umana e socio-culturale risulta sicuramente mutilata

  1. Lei è stata la referente comunale della LILT (Lega Italiana per la lotta ai tumori), avete iniziato nel 1994. Ci dica di più su questo progetto.

Sì, sono stata la referente della delegazione vegliese dal 2003 al 2012. Ho lasciato questo incarico a due giovani volontarie, Sofia Stifanelli e Annapaola Antonucci, già presenti da anni nell’associazione ed esperte nell’uso dei social, per dedicarmi di più a mia madre ormai molto anziana e bisognosa di cure.
Sofia e Annapaola curano i contatti con la sede di Casarano dove c’è il dottore Serravezza (responsabile provinciale della LILT) e coordinano tutte le attività dell’associazione. La delegazione è composta, poi, da altre 9 volontarie oltre a noi tre, che sono: Dina Leo, Aida Galati, Veronica Santacroce, Patrizia Pagano, Carla Gerardi, Mimì Trane, Giovanna Savina, Francesca Cucci e Stefania Posi; noi ci alterniamo nei turni di apertura dell’ambulatorio impegnandoci ad accogliere le richieste di visite specialistiche, ginecologiche o senologiche e a comunicare telefonicamente la data della disponibilità dello specialista richiesto, oltre a consegnare i risultati dei pap-test eseguiti. Prestano poi la loro preziosissima opera le tre ostetriche Mina Bonanno, Maria Miccoli e Sandra Vetere di Veglie e Federica Martina di Leverano, le quali, oltre a fornire le loro prestazioni professionali, tengono i contatti con i medici volontari che vengono nel nostro ambulatorio quando i loro impegni in ospedale lo permettono. Tra questi ultimi ci sono due senologi, il dottore Giuseppe Quarta dell’ospedale di Gallipoli e la dottoressa Lucia De Blasi del Vito Fazzi di Lecce, nonché i ginecologi dott. Faggiano Claudio, Mazzotta Pio, Parisi Flavia, Patruno Alessandro e Primiceri; tutti quanti prestano la loro opera in modo del tutto volontario, il che permette di chiedere alle pazienti di dare solo un contributo libero, il cui importo è fissato da ciascuna solo in base alle proprie disponibilità e alla propria sensibilità. Ci tengo a sottolineare che tutti, medici, ostetriche e volontarie non percepiscono alcun compenso, cosa che sentiamo più di una volta messa in dubbio, a riprova di quanto deve ancora migliorare la cultura del volontariato nel nostro territorio.

  1. Quanto è importante la prevenzione e a che punto è oggi la lotta contro i tumori?

Bisogna distinguere tra diagnosi precoce e prevenzione, quella che si fa nel nostro ambulatorio è la diagnosi precoce, grazie alla quale si può salvare la vita di moltissime donne, ma la vera lotta contro i tumori può risultare vincente solo se si accompagna questa importante azione con decise e incisive attività di prevenzione primaria. Lo sostiene con convinzione il dottore Serravezza, il quale nei primi anni in cui lo abbiamo conosciuto insisteva molto sui comportamenti individuali di prevenzione primaria come la lotta al fumo da sigaretta e la corretta alimentazione, ma poi si è spostato sempre più sui temi ambientali, dei quali continua a dare informazioni sul bollettino trimestrale che ci invia puntualmente e che noi cerchiamo di divulgare. Inoltre, questi temi vengono approfonditi ormai da 13 anni nei corsi di “Ambiente e salute”, tenuti presso l’Ecotekne con il contributo di esperti ricercatori scientifici, come il professore Garattini dell’Istituto Negri e alte personalità politiche. Questi corsi, attualmente aboliti per via della pandemia, sono aperti a tutti, volontari, semplici cittadini, scuole secondarie di primo e secondo grado oltre che universitari e io personalmente trovo molto meritoria questa opera di divulgazione dei risultati delle ricerche presso le giovani generazioni, le quali vengono informate sugli effetti di comportamenti impropri e sostanze da evitare. È importante, infatti, a livello individuale che si sappia degli interferenti endocrini, sostanze in grado di indurre una trasformazione neoplastica del tessuto mammario, contenuti in prodotti largamente diffusi come i parabeni nei deodoranti per le ascelle, quelli nei cosmetici, o nelle creme anti-UV, nelle cialde per il caffè, o il glifosato dei concimi agricoli, gli estrogeni contenuti nella pillola e nella terapia ormonale sostitutiva, ecc…. Accanto a questo, poi, questi corsi suscitano nei giovani e giovanissimi la consapevolezza che le scelte di maggiore portata e ricaduta devono essere fatte a monte, dai decisori della salute pubblica, con politiche di sviluppo sostenibile per l’ambiente, con servizi di educazione e reale prevenzione primaria.

  1. Sempre sulla prevenzione, avete delle convenzioni con esperti per la diagnosi di tumore?

Sì, i campioni di pap-test prelevati in ambulatorio vengono portati al laboratorio dell’ospedale di Gallipoli, con il quale è stata stabilita appunto una convenzione, dal quale arrivano entro 10-15 giorni i risultati che vengono poi consegnati dalle volontarie alle pazienti. Per questo servizio viene richiesto a questi ultimi il solito contributo volontario più una ricetta rilasciata dal medico curante per l’esenzione del ticket. Con gli altri medici volontari, invece, non venendo essi in modo regolare, ma solo quando i loro impegni lavorativi lo consentono, non abbiamo nessuna convenzione.

  1. Che rapporto c’è tra i vegliesi e la vostra delegazione?

Le pazienti che vengono nel nostro ambulatorio dimostrano in genere apprezzamento per il servizio ricevuto, versano regolarmente il contributo volontario che noi inviamo al dottore Serravezza, il quale usa questi e altri contributi di vario genere per costruire a Gallipoli il centro ILMA, un centro contenente spazi dedicati alla ricerca per lo studio delle cause della malattia, alla riabilitazione fisica e psicologica e un centro per la prevenzione e la diagnosi precoce, che potrà essere molto prezioso per i Salentini una volta terminato. Al dottore arrivano anche contributi dai vegliesi sotto altra forma, come l’acquisto della “STELLA DELLA SPERANZA” a Natale, o l’uovo della “PASQUA DELLA SOLIDARIETA’” e anche la destinazione dei proventi di iniziative a carattere sociale (come corse podistiche o in bicicletta e così via). Mi piace inoltre ricordare che fin da quando ero referente io teniamo rapporti improntati alla collaborazione con le altre associazioni di volontariato presenti a Veglie, stabilendo ad esempio le zone o il periodo in cui si opera, in modo da superare l’assurdo senso di rivalità e conflittualità che si era venuto a creare generando sconforto nei volontari e sconcerto nella popolazione, vanificando così gli sforzi fatti per risolvere i problemi dei vegliesi.

  1. Potrebbe darci dei dati sulla diffusione della malattia nel nostro territorio?

Purtroppo questi dati non sono per niente incoraggianti, in quanto testimoniano un continuo aumento del tasso di mortalità rispetto all’ultimo decennio del secolo scorso. Negli ultimi trenta anni, infatti, la Puglia e la provincia di Lecce hanno fatto registrare un trend di crescita raggiungendo in un primo momento e poi superando addirittura in alcuni casi il dato nazionale in diversi tipi di tumore. Per il tumore del polmone negli uomini, per esempio, in 25 anni si è passati in Italia da un tasso del 9,1 a quello di 8,2 (dunque più basso); nello stesso periodo in Puglia si è passati dal 7 al 7,6 e a Lecce dal 9,2 al 10,8, quindi sono entrambi aumentati (in particolare a Lecce). Così, la mortalità per tumori maligni di tutti i tipi negli stessi anni (1990-2015), passa dal 26,1 al 29,3 in Italia, in Puglia dal 18 al 25,9 e a Lecce dal 19,8 al 29,3, raggiungendo così il tasso nazionale. Il tasso relativo al tumore alla vescica si è mantenuto sostanzialmente uguale dal 2000 al 2015, ma mentre quello dell’Italia è di 0,9, in Puglia è di 1,1 e a Lecce di 1,2. I dati più allarmanti riguardano, però, il tumore alla mammella nelle donne per il quale il tasso di mortalità negli anni 1990-2015 passa in Italia dal 3,7 al 3,9, in Puglia dal 2,7 al 3,6 e a Lecce dal 2,7 (più basso di 10 punti rispetto al dato nazionale) al 4,3 (più alto di 0,4 rispetto al dato nazionale). Insomma, quella che si prospetta è una vera e propria epidemia, ripete ormai da tempo il dottore Serravezza.

  1. Quanto ha influito il covid 19 sulle attività della LILT?

Naturalmente moltissimo; il nostro ambulatorio a Veglie, per esempio, è fermo da marzo 2020 e ad oggi non si sa ancora quando potremo riaprire. La Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, però in questo periodo si è fatta promotrice dell’apertura presso i locali degli uffici comunali di uno sportello per il cittadino, il LILT POINT, per fornire informazioni e/o orientamento ai pazienti oncologici e a tutti i cittadini in generale, sulle cure e sulle indagini diagnostiche in campo oncologico.