Quello del Bar Fiore è un racconto che comincia lontano, quando i telefoni ancora non raggiungevano tutte le case, le automobili non erano molto diffuse, Veglie era un centro prettamente agricolo e quando il nome stesso del bar era un altro.
Era il 1957 quando, in via Roma, Fiore Cutrino apriva per la prima volta i battenti della sua sfida più grande. All’epoca non c’erano molti bar a Veglie e averne uno in una posizione strategica come quella della strada che saliva verso la piazza principale non era da poco. Fiore, padre dell’attuale proprietario Giovanni e nonno del prossimo proprietario Fiorenzo, fino a poco prima lavorava per una ditta di trasporti, la storica Semeraro. Fiore vendeva biglietti e dopo un po’ chiese di poter lavorare per il bar della stessa azienda a Veglie. Forse è proprio lì che è nato il suo interesse per questa professione, lì avrà imparato i trucchi del mestiere, a relazionarsi con il pubblico e a fare quello che, in fondo, devono saper fare tutti: vendere.
Circa dieci anni dopo, l’attività si spostò dove si trova adesso, in Piazza Umberto I. Nel ’60 gli usi e i costumi della società erano diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati oggi. La piazza principale era il cuore del paese, vi si andava per trovare lavoro, giocare a carte ma anche per festeggiare i matrimoni. Il bar è stata sala ricevimenti di centinaia di matrimoni di coppie vegliesi. Con il tempo, però, la società è cambiata ed è cambiato anche il modo con cui la sala veniva impiegata divenendo sala da biliardo prima e poi negli anni ’90 anche ritrovo per i tifosi del calcio (con la trasmissione in diretta delle partite della Seria A e del Lecce), tutto questo a dimostrazione della capacità di adattamento dello storico locale vegliese.
Il Bar, a differenza di molti altri all’epoca non era un semplice bar, ma era anche gelateria. In quegli anni il concetto di gelateria non era come quello di oggi, si lavorava solo nel periodo caldo e soprattutto era tutto molto più complicato e difficile. Fiore è sempre stato molto riservato sugli ingredienti e le fasi di lavorazione del suo gelato ma, in quegli anni, le basi erano più o meno sempre le stesse: latte, zucchero e “neutro” (termine tecnico utilizzato per il terzo ingrediente che in questo caso specifico era il seme di carruba, ndr). È d’obbligo precisare come il latte che veniva utilizzato per la realizzazione del gelato, veniva dalle masserie locali e non da impianti industriali.
In quegli anni non c’erano i moderni congelatori, tanto meno i macchinari che siamo abituati a vedere nei laboratori pasticcieri, tutto girava attorno al mantecatore. Considerata l’importanza del macchinario e del suo costo, Fiore doveva non soltanto essere un gelataio ma all’occorrenza anche meccanico ed elettricista, infatti, in caso di guasto al mantecatore l’intera produzione andava persa, quindi, quando non si poteva aspettare l’arrivo del tecnico bisogna improvvisarsi tale.
Un giorno tornato da uno dei suoi, rarissimi, spostamenti fuori Veglie (dovete sapere, infatti, che Fiore aveva la patente ma non la macchina, preferiva spostarsi in bici) decise di produrre anche nella sua cittadina un dolce che diventerà il punto di forza del bar: la cassata. Contattato un fabbro della zona di lì a poco arrivarono nel bar alcune forme di alluminio saldato che sarebbero servite alla realizzazione del dolce/gelato. Ad oggi i gusti sono rimasti quelli dell’epoca: nocciola, cioccolato, fior di latte (tutti ricoperti con ricopertura per gelato alla stracciatella) e la domenica oltre ai tre gusti di gelato c’era anche il gelato al limone. Mentre nel 2020 siamo abituati a mangiare il gelato anche a dicembre, in quegli anni era prodotto prettamente nei mesi estivi e in piccole quantità per evitare che si indurisse, rendendolo immangiabile.
Fiore fu il primo a introdurre sul mercato locale vegliese le cassate, che inizialmente avevano dei savoiardi interni imbevuti con il San Marzano, in seguito sostituito con il Liquore Strega, sia per abbassare il prezzo di produzione ma soprattutto la gradazione alcolica. Le forme originali sono ancora utilizzate dal figlio e dal nipote di Fiore per la produzione delle cassate.
Ora, a cinquantatré anni dalla fondazione, il bar è gestito dal Giovanni e Fiorenzo rispettivamente (figlio e nipote di Fiore). Siamo quindi alla terza generazione e a pensarci le caratteristiche in comune con la prima sono tantissime; nonostante gli anni, infatti, entrando dentro al laboratorio l’odore della tradizione è ancora fortissimo, oltre a quello del Liquore Strega. L’obiettivo è quello di guardare al futuro mantenendo non solo le tradizioni del passato ma soprattutto la qualità dei prodotti che da sempre contraddistingue il loro bar.
Intervista a cura di Giorgio Cappello e Marco Palma
Foto di Giorgio Cappello, Fam. Cutrino e Marilena Petrelli
Ps.: vi facciamo notare un piccolo dettaglio. Quello che per circa 4 generazioni di vegliesi è sempre stato il Bar Fiore (nell’accezione di Bar di Fiore o da Fiore) in realtà ha un altro nome. Infatti, tra le innumerevoli cose che pensava Fiore Cutrino nel giorno in cui firmava i documenti per la registrazione della partita iva, molto probabilmente non c’era quella di dare al suo futuro bar il suo nome. A distanza di mezzo secolo né Giovanni né Fiorenzo hanno voluto cambiare la ragione sociale del Bar Vittoria, un po’ per scaramanzia e un po’ per non deludere i vegliesi che da sempre frequentano il Bar Fiore.